CHE FAI NELLA VITA?

Nella vita scrivo, mi occupo di economia dei Paesi dell’Est; lo ‘stipendio’ è irrisorio… ‘campo’ perché i miei hanno ‘costruito’ qualcosa e c’è una casa in affitto intestata a me che produce i 3/4 del mio reddito. Io, personalmente, non ho costruito nulla di ‘notevole’.

Nel tempo libero (tanto, pure troppo), scrivo: qui sul blog, di musica e d’altro, di cinema per un altro sito. Scrivere è bello, i riscontri fanno piacere e offrono la gratificazione, almeno, di sapere di non essere proprio delle capre. Però, Cristo Santo, sarebbe bello un giorno, che tutto questo potesse avere anche un adeguato riconoscimento economico, perché le gratificazioni fanno bene all’umore, ma non ci si mangia… e poi ti accorgi che lavori o collabori in realtà dove ci sono persone serie, competenti e professionali, e poi magari apri i giornali e ti accorgi di errori, refusi, titoli sbagliati, punteggiatura messa a ca**o di cane e ‘illustri critici’ che vengono pagati profumatamente per enunciare due minchiate su Vasco Rossi (vedi alla voce: Mollica)che nelle recensioni rivelano come va a finire il film (vedi alla voce Gian Luigi Rondi). Il problema in Italia è che più lavori a ca**o e in maniera approssimativa e più in alto vai…

Mi dico che se dopo la Terza Media mi fossi fermato con lo studio, oggi probabilmente starei meglio: tutto ‘sto studio, sta cultura, la stanza piena di fumetti, cd, libri e film non è servita niente. Che posso dire? Di essermi fatto una cultura. A cosa mi è servito? A UN CA**O DI NIENTE.

Perché poi la ‘cultura’ inevitabilmente ti fa venire la puzza al naso, ti fa diventare presuntuoso e guardare con sdegno a un sacco di cose… e se di tuo hai un carattere debole e non hai nemmeno intorno chi ti prende a calci il c**o, poi alla fine ti ritrovi con l’unica prospettiva di campare solo grazie a ciò che è stato costruito da altri… che intendiamoci è pure una fortuna, ma insomma è pure discretamente frustrante.

Ci si accorge  di aver sbagliato, di aver fatto degli errori, di non aver capito ‘come va il mondo’, di aver vissuto anni pensando che ‘prima o poi’, mentre si stava al sicuro e con le spalle coperte, ma insomma, averlo capito prima, o aver avuto qualcuno che fin da subito per crescere anziché la protezione, avesse usato delle sonore ‘mazzate’… Oggi forse sarei di gran lunga più ignorante, ma più soddisfatto, con un lavoro modesto ma sufficiente a campare e a dire, a pochi mesi dai 40, di essersi costruito un minimo futuro.

Invece mi ritrovo qui a recriminare sugli sbagli, sugli errori, sul carattere  e l’indole di m***a che ho e sul fatto di non aver avuto chi, fin dall’inizio, invece che assecondarmi, mi avesse dato subito una ‘raddrizzata’.

Si vive così, perennemente insoddisfatti, cercando improbabili ‘vie di fuga’ o di svolta (ad esempio nelle scommesse, dove dopo aver 60 euro in due mesi, forse è il caso di fermarsi) e incapaci di trovare una via di uscita.

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9 responses to this post.

  1. Si dice:” Devi laurearti”. Fatto. E ora? E ora nulla. Ti dirò, non posso nemmeno parlare con qualcuno senza che mi faccia notare che “parlo difficile” per via della laurea. Questa laurea è sempre stata vista dai miei interlocutori – salvo rare eccezioni – più come un fastidio che non come un punto di forza. Potrei vantare delle pretese. Ho speso anni per conseguirla e non ho fatto nulla – invece è un lavoro anche quello, e nemmeno vieni pagato, anzi. Non parliamo delle volte che mi viene chiesto per quale motivo io non insegni. Vaglielo a dire che non posso. E poi questa domanda: “cosa fai nella vita?”. Domanda spesso pronunciata da persone che non sanno che i tempi sono cambiati da quando loro avevano la tua età. Che gli devo dire? Arranco. Ci provo. Scrivo per un giornale una volta ogni tanto. E poi, “si, ma quanto prendi di stipendio?” E ti chiedi: “ma in che paese vivono?”. Una collaboratrice non è che prenda tutti questi soldi, anzi. Una farmacista che intervistai a suo tempo mi chiese quanto prendessi, pensando che il mio stipendio fosse addirittura più alto del suo (leggi: 1400 euro). Quando le ho rivelato che io non ho uno stipendio ma vengo pagata per quello che mi pubblicano e difficilmente arrivo a 100 euro mensili, è rimasta sconvolta.

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    • @Francesca, conosco bene la situazione… nel mondo della comunicazione e dell’informazione poi tutto negli ultimi è degenerato: io mi sono sentito dire “il pagamento è in base ai ‘mi piace’ su FaceBook” o più recentemente, presentare 0,50 centesimi ad articolo come se fossero una manna dal cielo… Il nostro settore è forse quello in cui è più ampia la frattura tra gli ‘ipergarantiti’ e i ‘superprecari’, e forse urgerebbe un qualche sistema di ‘compenso minimo’ (io sarei per i 4 – 5 centesimi a parola) che riequilibri la situazione; in generale, come sottolinei tu, ad oggi la laurea è completamente svilita e privata quasi del tutto ‘di peso’, anzi, nel mondo del lavoro si guarda ai laureati con sospetto perché passano per gente ‘con delle pretese’, mentre alla fine comunque la laurea spesso ha richiesto impegno, sacrifici e studio… ma questo ormai non viene riconosciuto…

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  2. Bene, anzi male perche, allora parlo a tutti e due, e facciamo tre, con mio figlio che magari ha qualche anno di meno ed io non sono così matusalemme in termini di anni ma lontana anni luce dalla vostra realtà.

    Franci, mi fa piacere incontrarti qui e spero che io sia stato il tramite.

    Crampi hai davvero i crampi oggi ma dici cose vere che riguardano il sacrosanto riconoscimento del proprio lavoro che garantisca una vita dignitosa e forse anche soddisfacente.
    Io mi sono laureata quando per alcuni (privilegiati) non poteva essere diversamente e quando, ricordo, una laurea apriva non una ma molte porte nel mercato del lavoro. E tuttavia, oggi, miei valenti coetanei sono chi in cassa integrazione chi nel limbo degli esodati che arranca a tenere viva la propria attività.
    Vediamo squadernato lo sfascio economico e sociale. Motivare i propri figli a studiare è diventata impresa gravosissima cos’ì come inculcare loro l’idea che i comportamenti ‘fanno la differenza’.
    Crampi forse ricorda che io gli parlai del quotidiano on line Aprile per la Sinistra che rappresentava la voce dell’ ex Correntone della sinistra che faceva capo a Giovanni Berlinguer.
    Il quotidiano ha chiuso due anni fa per le ovvie ragioni economiche, carenza di collaborazioni dovure ai molti distinguo a sx. Dico questo perchè i giovani che là ruotavano prendevano 500 euro ma alla fine del praticandato avevano tutti le carte in regola per esercitare. Ci sono riusciti? Lavorano come te, Marcello, spezzatini in molte testate. Scrivono tutti bene, sono preparati; solo Marzia ha fatto ‘carriera’ (con qualche suo mugugno interiore) diventando capo ufficio stampa di De Magistris.
    Quanto alla ‘puzza sotto il naso’ cavoli! ho visto un pezzo di SanRemo ieri sera e tale era la beceraggine del livello che sono stata presa sia dallo scoramento/rabbia che, appunto, dal sollievo di essere di-ver-sa.
    Guai abbassare la guardia. Se l’alternativa è adeguarsi al basso, io non ci sto e spero bene che voi due non vi mettiate in testa brutte idee. La laurea forse non serve ma la nostra dignità di persone passa sole e sempre attraverso la cultura.

    sheracosìhodettoecosìsiafattooddiomiparominonna 😦

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  3. @Shera: hai ragione; certo ribadisco: io per certi (molti) versi sono un ‘privilegiato’, però ecco, non è manco giusto; si dovrebbe dare a tutti la possibilità di ‘farcela’, di non arrivare ad un certo punto concludendo che non si è concluso niente… certo, probabilmente non avessi avuto una certa situazione alle spalle, avrei fatto scelte diverse, se fossimo stati altrove ci sarebbe stato un sistema di ‘stato sociale’ in grado di sostenere i singoli senza dover contare sulla ‘rete di sicurezza’ della famiglia… Ci sarebbe tanto da dire, ma resta il fatto che in Italia intere categorie di ‘mestieri’, dalla comunicazione, all’ambito della ricerca sono stati progressivamente svuotati, sviliti… I 500 euro dei tuoi colleghi ce li sognamo: come dicevo a Francesca, oggi ti viene proposto di essere pagato in base ai ‘mi piace’ su Facebook…

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  4. …personalmente, anche io mi sento una privilegiata, se non altro perché ho avuto la fortuna di avere avuto un sostegno concreto per i miei studi da una famiglia in cui vige tuttora la convinzione della necessità dello studio. Io volevo studiare. Oggi non so se rifarei lo stesso, anche perché quello che mi figuravo dell’università è stato puntualmente disatteso. Mi aspettavo innovazione, fermento culturale, per poi trovare (a Lettere) stasi e arroccamento, difesa dei pochi mostri sacri del passato. Grandi nomi, solo quelli. Pascoli, Manzoni, Petrarca. Poi ho fatto altro, con gli studi storici, ma la disillusione è stata forte e difficile da superare. Avete tutti e due ragione. Vi condivido pienamente. Tutti dovremmo constatare la realtà di questo imbarbarimento. Qualcuno mi disse a suo tempo che il ricercatore di italianistica era come un “sacerdote di un culto negletto” e io ne ero entusiasta. Ora cerco di pensare che la cultura sia altro, sono rimasta snob. Mollica non lo posso vedere. La cultura ha bisogno di un riconoscimento nella sua essenza più “pratica”. Non ci sono vie di mezzo. O studi Dante e rifiuti la vita, o provi la strada della comunicazione – sempre più imbarbarita. E qui devi saperti soprattutto vendere. Almeno, per quello che ho constatato finora.
    Ps. Quale parametro di giudizio usa quello che pone un “like”? Non devi saper scrivere, devi studiare marketing. Qui di “giornalismo” o informazione, scrittura, come la vogliate chiamare… ce n’è proprio poco. Pochissimo.

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  5. Privilegiati era riferito ai figli della borghesia per i quali era impensabile nn fare l università. E cmq al di là della famiglia di origine le possibilità c erano. Ai curricula veniva data risposta ed io ricordo un colloquio ad Acilia in cui mi venne corrisposto un rimborso spese. Maggia’ da qui di capisce l esclamazione ‘Altri tempi’,.

    Sheraffettuosamenteanzidipiu

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  6. Posted by fulvio on 21 febbraio 2014 at 06:26

    La cultura apre la mente,forma il carattere e ci aiuta nei rapporti sociali.Come padre e nonno mi dolgo che tu imputi ad altri (genitori educatori ecc) il tuo fallimento.
    Le raddrizzature di cui scrivi non sempre portano benefici,anzi,dovresti sempre ringraziare chi,oggi come ieri ti permette una vita decorosa,quella che tu non hai saputo conquistarti,forse per mancanza di qualche raccomandazione,ma anche quella bisogna saperla cercare.
    In bocca al lupo per il tuo futuro.
    fulvio

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    • @Fulvio: io ho scritto che mi ritengo per molti versi un privilegiato: sono grato ai miei per ciò che mi hanno dato, ci mancherebbe… non imputo il mio fallimento ad altri, metto me stesso innanzitutto in prima fila, dico però che in un certo senso in molte cose sono stato fin troppo ‘assecondato’, e questo certo fa parte dei ‘privilegi’ di cui parlavo, ma ha anche un altro lato della medaglia… raccomandazioni non ne ho mai cercate, piuttosto – e torno a sottolinearlo – in determinate occasioni avrei dovuto essere più ‘attivo’ e lasciarmi scorrere meno le situazioni addosso…

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